in Lotus International n. 153 , 2014
La questione dei beni comuni – quei beni che non sono proprietà di nessuno, come gli ecosistemi e le risorse non riproducibili – sta assumendo un ruolo centrale nella discussione pubblica e in quel tipo di impegno politico rivolto a tutelare la terra, l’acqua, l’aria, i diritti abitativi e altre risorse primarie. Circa il coinvolgimento dell’architettura in questa discussione non occorre addentrarsi nel vivo del dibattito per constatare la sua responsabilità nel degrado ambientale e nel difetto di soluzioni abitative per le moltitudini del nuovo secolo. Essendo situata in una zona a cavallo tra sfera pubblica e privata – come del resto i beni comuni primari – l’architettura è sollecitata in questo dibattito a svolgere la sua parte a difesa di ecosistemi e risorse non riproducibili. In più essa deve onorare nel senso più profondo il suo mandato sociale con nuove soluzioni per gli insediamenti umani da considerare nel loro insieme come parte di un diritto abitativo, poiché se abbiamo un’architettura è perché l’uomo per abitare deve costruire. Oltre alle tematiche sviluppatesi attorno all’esigenza di difendere qualcosa chiamato “bene comune” dobbiamo prendere in considerazione altre formulazioni ancor più originali e problematiche poiché dalla difesa delle risorse naturali è nato l’impegno a rinegoziare, se non scardinare, i termini della classica opposizione pubblico/privato: uno smantellamento, necessario, sembrerebbe, a definire la stessa nozione di bene comune. Benché nella riflessione filosofica questo concetto sia relativo e variabile possiamo dire che i beni comuni non si identificano né col “privato”, né col “pubblico”; sono piuttosto un terzo elemento in quanto non rappresentano né il punto di vista dell’individuo, né quello dello Stato. Per di più molti si spingono a sostenere che i beni comuni, così rilevanti oggigiorno nel dibattito politico, non dovrebbero riguardare solo le componenti naturali quali gli ecosistemi e le risorse non riproducibili, ma comprendere anche le forme della conoscenza, il capitale sociale, le istituzioni, gli stessi insediamenti umani come abbiamo accennato. In ogni caso la disputa dei beni comuni con il suo appello per la salvaguardia delle risorse naturali del pianeta e per i diritti abitativi incontra le problematiche architettoniche e paesaggistiche e ha trovato un impulso ulteriore sulla spinta di argomenti attuali come il riscaldamento globale, la depauperazione di ecosistemi unici, la perdita di biodiversità, il degrado urbanistico, il proliferare degli slum e delle favelas. L’influenza di queste tematiche si può rintracciare attualmente in molte proposte architettoniche, esperimenti svolti per lo più sul margine sfumato tra pubblico e privato, individuo e società, architettura e ambiente: nell’accezione popolare è definito bene comune uno specifico bene condiviso da tutti i membri di una data comunità ed è in questo senso più localizzato che suggeriamo di leggere gli interventi urbanistico architettonici presentati in questo numero di “Lotus”.