A dodici anni dal terremoto del 1968 che ha colpito la Sicilia occidentale un gruppo di architetti è stato chiamato a Gibellina da Pierluigi Nicolin a fare delle proposte allo scopo di modificare i criteri che avevano guidato la ricostruzione delle città distrutte della valle del Belice. Compiuta la critica del fallimento del ‘progetto moderno’ nella ricostruzione delle città e dei paesi distrutti– che coinvolge anche il tentativo di artisti illustri come Burri e Consagra di inserire nella ricostruzione un’arte di significato civile – il testo di Pierluigi Nicolin inquadra questi problemi in una moderna teoria delle catastrofi. L’intento è quello di condurre una riflessione sui compiti dell’architettura all’interno di quei fenomeni di discontinuità nei quali è sempre più spesso chiamata ad operare.
A partire dai risultati di questo laboratorio di progettazione, il discorso si estende al problema irrisolto della costruzione di città nuove nel mondo contemporaneo e alle tematiche della ‘ricostruzione urbana’ in cui un crescente numero di città europee verrà coinvolto negli anni successivi (Berlino, Francoforte, Napoli, Barcellona, Rotterdam, ecc.). Nei progetti presentati si delineano le prove di un’architettura tendente a diventare un’arte delle connessioni come rimedio all’eccesso di complessità e di frammentazione della città moderna. I progetti presentati in questo volume sono stati elaborati nelle aule della scuola elementare di Gibellina nel settembre del 1980 durante un seminario promosso dal comuni di Calatafimi, Campobello di Mazara, Castelvetrano, Gibellina, Mazara del Vallo, Partanna, Poggioreale, Salaparuta, Salemi, Santa Ninfa, Vita. I risultati sono stati presentati alla Triennale di Milano nel febbraio del 1982.
Quaderno di Lotus nr.2